1. Qualcosa di prezioso
Ho visitato per la prima volta il Museo del Giunco Palustre in occasione di un corso di formazione per guide turistiche poco più di un anno fa, sebbene ci viva quasi accanto.
Lo spazio dedicato all’esposizione è piuttosto contenuto, ma è inevitabile visitarlo con la lentezza che si dedica a quelle cose preziose, che meritano di essere osservate con minuziosa curiosità. Perché entrare nel museo è come entrare all’interno di una gioielleria: da una teca all’altra, si moltiplicano forme, colori e intrecci che rimandano ad un tempo passato, ma non poi così lontano.
2. La semplicità delle cose
Il giunco palustre è l’emblema della vita essenziale e concreta dei nostri nonni: materiali modesti si trasformano in strutture elaborate, con la cura e la passione amorevole di chi anche nelle cose più semplici, nate con spontaneità quasi per caso, vede un dono della natura.
3. L’infanzia che ritorna
In quelle costruzioni d’arte non potevo fare a meno di pensare a mia nonna. Quante volte ho osservato quelle mani solerti che tessevano “sporte”, “spurteddhe”, “fiscareddhi” per contenere la ricotta. Ricordo la scelta accurata del giunco migliore, i lavaggi per sbiancarlo e raggiungere la migliore raffinatezza possibile.
Così in quegli orditi del museo del giunco è rimasto imbrigliato anche un pezzo della mia vita.
Maria Rosaria Cazzato è dottore commercialista dal 2013 lavora per un’agenzia di Lecce, ma non è estranea alle attività culturali, infatti ha alle sue spalle esperienze nell’organizzazionedi eventi culturali nel comune di Presicce.